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HEAVEN #1646 Un Incontro di Stelle

HEAVEN #1661 Un Incontro di Stelle

Dio disse:

E’ probabile che avessi dell’amore da esprimere e stavo ridendo con gioia. E poi Io, da responsabile degli effetti visivi che sono, creai delle immagini di come sarebbe potuto essere il Mio amore. C’erano delle rose del mio amore e anatre ed elefanti e rocce e mari, e c’eravate voi, il milione di volti di voi. Fu un tale crescendo d’amore. E poi un’altra scarica di risate, e un altro giro della ruota e, come in un caleidoscopio, le immagini cambiarono e comparvero e scomparvero e turbinarono insieme in una meravigliosa estasi di una rosa dopo un’altra, di un viso dopo un altro, da tutti gli angoli. Le rose si sparsero a profusione. Il contenuto del Mio cuore si rovesciò per terra e le rose furono raccolte per prime dalla Terra.

La Mia risata era talmente forte che saltarono fuori le stelle, e il cielo notturno fu posto intorno ad esse come riempimento. Il sole venne avanti in un’esplosione e la modesta luna volteggiava intorno al Sole, e i pianeti si diedero dei nomi e inventarono delle storie, che erano vere e inventate allo stesso tempo.

Che coreografo sono Io. Che compositore di musica. Che navigatore. Che acrobata. Che giocoliere. Che artista. Che scrittore. L’immagine che feci di voi era amore. Vi scolpì e vi gettai nel tornio da vasaio e voi volaste via atterrando in una parte remota della Terra. Vi strofinaste gli occhi e faceste una bandiera che ficcaste nel terreno dicendo che era vostro. Reclamaste come vostra solo una piccola porzione. Avreste potuto reclamare tutta la Creazione, da prua a poppa, da stella a stella, da un volo della fantasia ad un’altra. Invece di aprire le braccia al tutto, voi reclamaste solo il posto in cui eravate atterrati.

Poi protestaste che eravate stati rinnegati. Disimparaste la gioia. Vi privaste di essa. Al suo posto sceglieste delle cose più dense e le avvolgeste intorno al vostro collo e le trascinaste con voi per maggior sicurezza. Disimparaste la gioia e imparaste il possesso. Disimparaste la gioia e imparaste la preoccupazione. Disimparaste la gioia e faceste delle leggi per rendere impossibile il ricordo della gioia. Vi assegnaste il dominio sugli altri esseri e ne faceste anche una proprietà vostra. Vi dimenticaste che Io avevo benedetto gli animali, dandoli in custodia a voi, e pensavate che fossero bestiame.

Vi dimenticaste anche di chi eravate. Vedevate anche gli altri come inferiori. Abbassavate gli occhi. Non riuscivate a guardare il sole se non con occhiali di protezione. Gettavate occhiate fugaci alla luna, ma generalmente appendevate delle luci minori e ricordavate quelle. Vi dimenticaste della luce dell’amore, e l’amore divenne ombrosa. La pioggia era conveniente o inconveniente.

Vi dimenticaste che era la creazione di Dio quella su cui camminavate. La prendeste a calci. Vi dimenticaste di amarla. Ci scavaste dentro e la derubaste. Preferivate i dolciumi. Vi dimenticaste la dolcezza dell’amore dal quale avevate spiccato il volo. Avevate sogni di verità e li chiamavate follia.

Vi dimenticaste di fare dei verticali sulle mani sopra la Terra. Arrancavate e affondavate, invece. Non ascoltavate il canto della Terra. C’era troppo rumore perché poteste sentire. Sceglieste rumore al posto del silenzio. Il silenzio divenne strano. Il rumore divenne familiare. E il vostro cuore chiedeva a gran voce il canto che avevate dimenticato e che però, speravate, veniva ancora suonato in qualche paese distante,lontano. Passavate da un teatro all’altro, alla ricerca della musica che vi mancava e che, supplicavate, esisteva da qualche parte. Sebbene non riuscivate a sentirla, volevate che qualcuno la sentisse. Volevate che fosse vera da qualche parte.

Voi convocaste una riunione di stelle, ma teneste invece una conferenza. Non permetteste alle stelle di parlare. Era contro le leggi locali. Non permetteste al vostro cuore di votare. Faceste finta di poter contare e, per tutto il tempo, piangevate per un canto vagamente, molto vagamente, ricordato, che voleva diffondersi dalla vostra gola. Lo tratteneste, aspettando che qualcuno vicino a voi cantasse per primo. Vi dimenticaste che stava a voi cantare per primi. Pensavate di non saper cantare. Vi dimenticaste che non aveva importanza quanto bene riuscivate a mantenere una nota. Vi dimenticaste che tutto quello che importava era che cantaste. Amati, cantate una nota ora. Lasciate che venga dalla vostra gola. La musica dalla vostra gola, la canzone Mia.

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Traduzione di Paula Launonen